Commento

La chiusura del cerchio

3 dicembre 2016
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di Paolo Spalluto -

Nico Rosberg ha annunciato a Vienna, tra lo stupore generale, la volontà di ritirarsi con effetto immediato dalla Formula Uno. Una decisione maturata a Suzuka, quando raggiunse il comando del Mondiale, presa definitivamente ad Abu Dhabi, con in tasca il titolo. Nessuno, se non la moglie, era al corrente. Prima di lui solo Jackie Stewart, Nigel Mansell e Alain Prost si ritirarono con il titolo di campione. Una decisione che inserisce il tedesco nel club dei piloti unici nella storia delle corse. Principalmente di natura personale e familiare, le ragioni del ritiro, motivate anche dalla prospettiva di un futuro diverso.
È da poco campione del mondo. Lo introduce Jean Todt. Siamo a Vienna, dove ieri sera si è svolta le cerimonia di premiazione dell’annata motoristica della federazione. Dopo il saluto, in piedi sorprende la platea con l’annuncio. «Mi ritiro con effetto immediato». Cala il silenzio. Alcuni pensano che sia una burla, invece è tutto vero. La notizia del ritiro di Nico Rosberg fa il giro del mondo tra incredulità e approvazioni. Ovunque ci si chiede perché. Ecco una risposta, profonda e leale il più possibile.
Rosberg è sensibile
Nico sa perfettamente quanta fatica psichica gli sia costato vincere il Mondiale e quante rinunce abbia dovuto accettare, sin da ragazzo. Certo, è stata una fortuna essere il figlio di Keke, ma è stato anche un timbro. Avesse vinto come ha fatto, sarebbe stato Nico Rosberg. Non ce l’avesse fatta, sarebbe rimasto solo il bravo pilota figlio di un campione del mondo di F1.
Ha studiato, ha frequentato college, conosciuto il mondo. Parla sei lingue, sa essere un signore. Educato, amato da giornalisti e sponsor, mai fuori dalle righe, ha una visione del mondo e delle corse tutta sua. Nel senso che, diventato marito e padre, ha iniziato a provare dentro di sé emozioni che come figlio gli erano in parte state precluse. Nel suo ringraziamento alla moglie che si è presa cura della figlioletta per molti notti, spesso da sola, ci sono la profonda tenerezza e la purezza d’animo di questo 31enne che ora in primis vuole essere padre. Ci diceva testualmente, in risposta a un recente invito che gli facemmo, «ma ti pare che lascio la piccola? Già la vedo poco».
Rosberg è intelligente
Nico sa perfettamente che l’anno prossimo cambierà il regolamento. Dunque, la certezza della superiorità della Mercedes-Benz, ancorché assai probabile, non è garantita. Inoltre sa anche di avere in squadra un uomo ferito, nella persona di Hamilton, forte come lui. Il caraibico in cuor suo è convinto che quest’anno i tedeschi abbiano voluto far vincere un tedesco. Lui che ha all’attivo 10 Gran Premi contro i 9 del campione del mondo. Lui che lo avrebbe battuto se non avesse avuto noie meccaniche. Rosberg ha compreso ad Abu Dhabi, mentre già stava pensando all’idea di ritirarsi, quale sarebbe stata la minestra che lo avrebbe atteso nel 2017. Il comportamento di Hamilton ha solo aperto la finestra sul futuro. Non ne aveva più voglia, qualcosa si era rotto, l’obiettivo di vincere era una parte di vita. Solo una parte, appunto. Per Rosberg le corse sono state molto, ma non tutto. Non l’unica cosa.
Rosberg e la F1
Proprio l’intelligenza di Nico è alla base della convinzione che questa Formula sia oggi più noiosa per un pilota, meno stimolante, meno avvincente. Certo, regala emozioni e prestigio, ma la dominazione ingegneristica è tale che gli spazi del pilota si sono molto ridotti, e così sarà anche in futuro, almeno quello a portata anagrafica del pilota. Tra l’altro, cosa c’è di meglio per diventare mito che ritirarsi da vincenti poche ore dopo la conquista di un titolo? Significa acquisire un aurea di grandezza inattaccabile, lasciando solo ai posteri qualsiasi discussione sul reale valore del pilota. Si può dire qualsiasi cosa di Rosberg, ma tra 30 anni verrà ricordato come campione del mondo, punto e basta.
Rosberg e la fortuna
Nico sa perfettamente che quest’anno una porzione di Mondiale l’ha persa Hamilton. Ha fatto un lavoro mentale straordinario dopo Austin 2015, con quel cappellino gettato in faccia. Un metodo di concentrazione e dedizioni assoluti, sapendo di essere un tantino più lento del caraibico, ma mentalmente più dotato. Una risalita che al pilota è costata molto sul piano emotivo, la cui stanchezza dopo la vittoria è emersa in tutta la sua potenza. Nel 2017 avrebbe potuto non più beneficiare delle circostanze fortunate del 2016 che, si badi bene, non sono per nulla l’unico elemento che ne ha determinato il trionfo.
Rosberg e i progetti futuri
La decisione la si deve interpretare andando a guardare alcune foto che girano su Facebook. Per Nico gli amici e le persone di cui si fida contano molto. Ha certamente in serbo “il dopo”, anche se per l’immediato non desidera che un po’ di pace. Si può essere certi che non scomparirà in senso assoluto dall’orizzonte, ma certamente eviterà certe riapparizioni o goffi presenzialismi che hanno in taluni casi reso imbarazzanti campioni del passato. Da tempo ha strutturato assai bene a Montecarlo la gestione dei propri interessi economici. Vicino ha un caro compagno di studi, del quale a giusta ragione si fida profondamente. Possiamo attenderci idee e iniziative.
È tempo di tributare a questo campione del mondo un plauso per una decisione controcorrente come può essere quella di lasciare il trono, quando invece per denaro c’è chi sarebbe rimasto sul sedile da corsa. Se questa non è una decisione da campioni...

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