Mendrisiotto

La bufala costa una denuncia a Lorenzo Quadri

(Benedetto Galli)
24 aprile 2017
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La rete (quella del web) aveva reagito subito. Davanti alla bufala in odore di razzismo, prima rilanciata poi cancellata (con tanto di mea culpa) dal consigliere nazionale della Lega dei ticinesi Lorenzo Quadri, alcuni fra gli internauti avevano stigmatizzato quel post su facebook e i commenti annessi. La Gioventù socialista aveva promosso anche una petizione. La polemica non è rimasta, però, solo virtuale. C’è chi non ha voluto, una volta di più, fare spallucce e passare oltre, non curandosi di lor. Una consigliera comunale dei Verdi di Balerna ha deciso, infatti, di rivolgersi direttamente al Ministero pubblico. Lo ha fatto depositando, a fine marzo, sul tavolo della Procura una denuncia formale contro Lorenzo Quadri, il fratello della collega di parlamento (e di partito) Roberta Pantani, dipendente del Comune di Chiasso, e altre due persone.

Il deputato e i tre cittadini agli occhi dell’esponente balernitana si sarebbero macchiati di discriminazione razziale. Ipotesi di reato che, come l’istigazione all’odio razziale, fa leva sull’articolo 26 1bis del Codice penale svizzero. Se a colpire gli occhi della consigliera è stata, innanzitutto, la fotografia – di un gruppo di giovani di etnia africana – che corredava la falsa notizia di una presunta rivolta di richiedenti l’asilo in un centro d’accoglienza in Italia ripresa sul post, a pesare come pietre sono state soprattutto le parole che accompagnavano quanto riferito da una fantomatica ‘Gazzetta della Sera’. Frasi inequivocabili riferite ai migranti, sullo sfondo il caso dei due cittadini africani rimasti folgorati sul tetto del Tilo diretto a nord: il primo il 27 febbraio a Balerna con esito letale, il secondo il 18 marzo a Chiasso con gravi conseguenze. Con uscite come ‘Tutti sul Tilo!’, ‘Lanciafiamme!!!’ o ancora ‘Altro che Tilo, missile!’, per la consigliera non solo si travalica il buongusto, ma non si fa altro che incitare sentimenti e comportamenti condannabili.

Il Codice e la Convenzione

Le scuse, postume, insomma, non sembrano bastare più. E ancor meno le promesse a non ricascare nei trabocchetti del web sottoscritte, via social, dal consigliere nazionale, al quale quella ‘notizia’ non era parsa tanto “inverosimile”. Una cautela che dovrebbe essere dettata anche dalla posizione istituzionale occupata a livello federale. Non hanno fatto recedere l’esponente dei Verdi, del resto, neppure le spiegazioni del dipendente comunale chiassese, non nuovo a vertenze sulla scia di esternazioni sui social. Quel ‘Tutti sul Tilo!’ aveva l’intenzione di “una parola di solidarietà”, ave-

va motivato nei giorni successivi il caso su ‘Ticinonews’. Si dimentica, richiama l’autrice della denuncia, che la Svizzera ha sottoscritto la Convenzione internazionale per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Come ha detto la presidente della Commissione federale contro il razzismo Martine Brunschwig Graf, ricorda ancora, “non si è al riparo solo perché non è farina del proprio sacco. Se si decide di pubblicare o non ci si distanzia, si dimostra di essere d’accordo. Questo ci rende responsabili e se si è responsabili, si è anche punibili”. Il resto, per la consigliera, è ancorato al Codice. Secondo l’articolo 26 è punibile “chiunque incita pubblicamente all’odio o alla discriminazione contro una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia o religione; chiunque propaga pubblicamente un’ideologia intesa a discreditare o calunniare sistematicamente i membri di una razza, etnia o religione...”. Anche a parole.

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