Commento

In Terra Santa il Lugano cerca il suo personale miracolo

(Gabriele Putzu)
14 settembre 2017
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Terra Santa, terra di miracoli. È a Beer Sheva, antica stazione di ristoro nel deserto del Negev e città rifondata dopo l’indipendenza del 1948, che il Lugano è venuto a chiedere il suo personalissimo miracolo: ritornare sul palcoscenico dell’Europa calcistica da protagonista e non da semplice comparsa come vorrebbero molte Cassandre. Forse dimenticando che un primo prodigio la società bianconera l’aveva compiuto con l’accesso diretto alla fase a gironi di Europa League. Quel prodigio – il terzo posto della scorsa stagione – ha contribuito a far crescere la società nelle ambizioni e nella considerazione delle quali gode a livello nazionale. Ma fuori dai confini elvetici, il discorso cambia.

Il terzo millennio era ancora in fasce quando il Lugano si affacciava per l’ultima volta al palcoscenico del Continente (2003). Dopo la sconfitta con il Ventspils fece seguito il fallimento, poi la rinascita e i lunghi anni, malgrado le ambizioni, trascorsi nel purgatorio della Challenge League. Ma da quattro stagioni a questa parte sembra che la società di Renzetti abbia finalmente spiccato il volo: promozione, salvezza con finale di Coppa, terzo posto in Super League e, finalmente, in Europa.

Ma a questa nuova esperienza il Lugano si presenta come un minorenne alle prime avventure fuori di casa. L’Europa dovrà dunque servire in primo luogo per capire com’è fatto il mondo fuori dal cancello di casa e quali sono i passi da compiere per diventare davvero adulti.

Il Beer Sheva, inutile negarlo, parte con i favori del pronostico, come confermano i giornalisti locali, secondo i quali sia i tifosi, sia i giocatori sono certi della superiorità dell’Hapoel. E se scomodare la leggenda di Davide e Golia è forse inappropriato (del gigante il Beer Sheva non ha i tratti somatici), è pur vero che in certe occasioni partire da outsider non è per forza un danno.

E c’è chi giura che Tami sia pronto a una mossa a sorpresa per cercare di scompigliare i piani avversari. Se invece vorrà affidarsi all’undici che sin qui gli ha dato maggiori garanzie, potrà contare pure sul rientro di Mariani, ripresosi dal problema alla caviglia rimediato con il Thun. E riproporrà Piccinocchi in mezzo al campo, con Marzouk a far da spalla a Gerndt, nel classico 3-5-2 che sin qui ha funzionato in modo più che egregio. I miracoli, anche nel calcio, sono merce rara, ma se proprio li si vogliono cercare non c’è posto migliore di Israele.

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