Impact Journalism

Il villaggio giapponese senza rifiuti

(Yu Fujinami/The Asahi Shimbun)
25 giugno 2016
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di Yu Fujinami, Asahi Shimbun, Giappone

Kamikatsu, prefettura di Tokushima: questa cittadina di montagna sull’isola di Shikoku si è dimostrata così efficiente nel riciclaggio dei rifiuti che il numero annuale di visitatori in cerca di consulenza supera il numero dei residenti.

Abitanti e imprenditori hanno unito le forze per raggiungere l’obiettivo della cittadina a “rifiuti zero” entro il 2020. L’asticella era stata posta nel 2003, in seguito ad alcuni allarmi di avvelenamento da diossina.

Finora, la cittadina di 1’700 abitanti, ha progredito costantemente verso il suo obiettivo. Nel 2014 il tasso di riciclaggio era del 77,2%: quasi il quadruplo della media nazionale del 20,6%.

Ogni anno circa 2’500 visitatori provenienti anche dall’estero vengono qui per cercare di capire come esportare l’esperienza del villaggio giapponese.

Il progetto di Kamikatsu si basa sul suo unico sito di raccolta di rifiuti, conosciuto come “Gomi Station” (stazione dei rifiuti), gestito da una organizzazione non profit, la ‘Zero Waste Academy’, che agisce su mandato del Comune.

I residenti portano i rifiuti domestici alla stazione, che è aperta dalle 7.30 del mattino alle 2 del pomeriggio, tutti i giorni della settimana tranne i festivi.

I box di separazione dei rifiuti che si trovano nel centro di raccolta presentano simboli che mostrano le categorie di raccolta differenziata, come lattine in alluminio, lattine in acciaio, tappi di bottiglie in plastica e tappi metallici. I cartelli indicano anche in cosa verranno trasformati i rifiuti, come pure il prezzo di vendita per gli acquirenti.

Per esempio, le bacchette di legno usa e getta verranno riciclate in materia prima per la carta, mentre le lattine di alluminio verranno vendute per 155 yen (1,46 dollari) al chilogrammo.

Le linee guida emanate dalle autorità di Kamikatsu istruiscono le famiglie a separare i rifiuti in 34 categorie. Alla stazione di raccolta le categorie sono circa 60. Ogni nucleo familiare a Kamikatsu dispone di un apparecchio per tritare i residui di cibo, acquistato con il sussidio della municipalità. I rifiuti non riciclabili che possono essere bruciati vengono consegnati a operatori di Tokushima, la capitale della prefettura, per essere inceneriti.

La spinta decisiva per l’impegno della cittadina di Kamikatsu al riciclo risale al 2000, quando il piccolo inceneritore costruito nel comune è stato chiuso perché i fumi non rispettavano gli standard di legge relativi alle emissioni di diossina. A quel punto le autorità locali hanno spinto i residenti a differenziare la loro spazzatura per ridurre la quantità di pattume da destinare ai forni o allo smaltimento in discarica.

Nel 2003 il sindaco Kazuichi Kasamatsu ha proposto l’obiettivo “zero rifiuti”, dando ai residenti un traguardo numerico. Il Consiglio cittadino ha approvato la sua proposta. Gli scarti sono quindi passati dalle 137 tonnellate del 1998 alle 62 tonnellate del 2003. Da allora la quantità è rimasta attorno alle 60 tonnellate all’anno.

 Nuova vita

Anziché gettare oggetti che non vengono più usati, i cittadini cercano oggi di regalarli. Il Kurukuru Shop, che si trova accanto alla stazione dei rifiuti, offre gratuitamente arredi di seconda mano, indumenti, stoviglie e altri oggetti scartati da altri utenti. Nel 2014 sono state addirittura 10 le tonnellate  di articoli portate al negozio. Di queste, 9,7 hanno trovato nuovi proprietari, alcuni dei quali provenienti anche da altri villaggi.

Nelle strategie della cittadina per cercare di raggiungere il proprio obiettivo, vi è anche la scelta degli ogetti da usare. Si evita accuratamente di impiegare prodotti che finirebbero comunque in discarica. Cafe Polestar, per esempio, non fornisce tovaglioli di carta ai suoi tavoli, le ricevute vengono date solo ai clienti che ne fanno richiesta e i dipendenti del ristorante usano le proprie borse quando acquistano gli ingredienti per i piatti serviti. «Inizialmente eravamo riluttanti perché alcuni servizi sono dati per scontati altrove – commenta Takuya Matsumoto, proprietario del ristorante –. Oggi queste rinunce sono diventate il nostro punto forte, uno dei motivi di richiamo del nostro locale».

Cambiare anche i prodotti

Gli sforzi dei residenti sembrnao però aver raggiunto il loro limite. E allora Akira Sakano, direttrice della Zero Waste Academy, ora è pronta alla fase successiva. «Non vogliamo limitarci a separare i rifiuti in un gran numero di categorie, ora vogliamo anche ridurre la quantità prodotta». Per riuscirsci, prosegue, è necessario però cambiare il modo in cui vengono confenzionati molti prodotti.

I rifiuti derivanti dalle confezioni dei prodotti agricoli potrebbero essere contenuti se si usassero sostanze riciclabili per sostituire i materiali di imballaggio sintetici. «Tutte le comunità possono puntare a vivere producendo zero rifiuti – rileva la direttrice della ‘Zero Waste Academy’ –. Noi, da parte nostra, siamo pronti a condividere le nostre conoscenze e anche le tecniche che abbiamo sviluppato».

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