L'analisi

Il terrorismo nell'urna

(Keystone)
6 giugno 2017
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Si poté dire delle presidenziali francesi che il capo dell’Eliseo non sarebbe stato eletto da al Baghdadi: il terrorismo aveva colpito lungo gli Champs Élysées a pochi giorni dal primo turno, e l’affermazione di Emmanuel Macron indicava che di quell’atto di violenza, compiuto mentre si predisponevano le urne, non avrebbe beneficiato il “partito della paura”. Le previsioni non vennero stravolte, i francesi votarono senza farsi influenzare dall’ultima offensiva rivendicata dall’Isis.

C’è ora da chiedersi se lo stesso scenario possa ripetersi fra tre giorni, quando gli inglesi andranno al voto anticipato, mentre imperversano le polemiche sulle mancate risposte del Paese al terrorismo. Prima con la strage di Manchester, e l’esplicita accusa all’intelligence britannica di non aver saputo prevenire e bloccare l’autore del massacro, già ‘monitorato’ a causa del suo percorso di radicalizzazione e noto per i suoi spostamenti nella Libia incubatrice di innumerevoli gruppi jihadisti; oggi con la sanguinosa incursione notturna nel londinese quartiere di Borough Market, e i laburisti all’attacco di un partito conservatore ritenuto responsabile di… irresponsabili tagli anche alle forze dell’ordine nella foga dei programmi di austerità e ridimensionamento della spesa pubblica. Un’accusa diretta personalmente a Theresa May, la premier che da ministro degli Interni dal governo Cameron replicò all’allarme lanciato dalle forze dell’ordine sostenendo, sbrigativa e sprezzante, che si stava semplicemente “gridando al lupo, al lupo”.

Si vedrà dunque se il raid terroristico di domenica notte – che per le sue modalità suscita ulteriori preoccupazioni, visto che gli assalitori per uccidere hanno usato semplici coltelli, un’immagine che ci riporta tragicamente alle prime crudeli “esecuzioni” per mano dei criminali di ‘Daesh’ – annullerà il residuo vantaggio che la May aveva fin qui conservato nei sondaggi. Un vantaggio inizialmente di ben venti punti, e che si era già notevolmente affievolito, grazie al martellamento di Jeremy Corbyn sui temi della povertà e delle crescenti diseguaglianze sociali. Nonché sul carattere ‘pretestuoso’ del voto, sollecitato dalla May come un secondo referendum con la scusa di dover negoziare con Bruxelles da una posizione di forza.

Giovedì sapremo se lo scivolone nei sondaggi, in aggiunta al polemico dibattito sul terrorismo, provocherà la definitiva sorpresa per la donna che aveva già “tradito” una volta: lei, che si era espressa per il ‘remain’, dunque per la permanenza del Regno Unito nell’Ue, e che, una volta sistemata a Downing Street, si è trasformata nell’alfiere di una “Brexit dura”: senza tener troppo conto delle preoccupazioni che tuttora esprimono gli ambienti economici, e senza considerazione del fatto che “lo strappo” dal Continente è stato determinato da appena il due per cento in più dei voti espressi. L’effetto boomerang non è affatto certo. Ma nemmeno totalmente escluso.

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