Culture

Il sovietico Billy Joel

13 giugno 2014
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Una mattina del 1997, dopo milioni di dischi venduti e altri potenzialmente ancora da scrivere, Billy Joel dichiarò alla stampa che l'America aveva un solo uomo legittimato a scrivere canzoni: Bob Dylan. Tutto il resto – compreso Billy Joel – era non indispensabile. Fu così, dopo un ultimo singolo passato inosservato (“All my life”), che la Premiata Ditta “Piano Man & Sons” chiudeva i battenti per sempre, fatta eccezione per un album di musica classica, composto sì dal Maestro, ma suonato da altri. E' da allora che i fans di Billy aspettano invano un segnale da William Martin Joel da Long Island, leggenda vivente: un cenno, che ponga fine al silenzio stampa, e un nuovo capitolo di grande canzone americana.

Ad ingannare l'attesa (forse inutilmente) esce in questi giorni quello che ancora si può avere da Billy Joel e dal suo catalogo di canzoni, illuminate da pioggia di Grammy, record di concerti (storico il “filotto” al Madison Square Garden, 12 tutti in fila) e posti d'onore in Songbooks, Halls of Fame varie, Casa Bianca inclusa: è un cofanetto intitolato “A matter of trust – The Bridge to Russia”, il racconto fedele di un evento musical-politico che ebbe luogo nel 1987, ben prima del ricongiungimento artistico di Al Bano e Romina Power, e con esiti dalla portata culturale assai differenti. Era il tour di “The Bridge” (album del 1986, quello di “This is the time” e dello storico duetto con Ray Charles in “Baby Grand”), una sorta di sbarco ufficiale del rock and roll in Unione Sovietica, in epoca in cui “disgelo” non aveva nulla a che fare se non con i frigoriferi, o con l'arrivo dell'estate.

Billy Joel, tra provocazione e mediazione, dichiarò ballo libero, guerra alle luci accese sul pubblico (illuminazione totale imposta dalla polizia locale), gridò libertà di decibel e di espressione, al suono della dylaniana “The times they are a-changin'”, in scaletta; lo fece a colpi di aste rotte e pianoforti ribaltati (la “rivolta” sul palco è documentata nel film ufficiale del concerto, ora in Blu-ray, annesso). Grande musica e tanta ultra-energia finirono dritte in “Concerto” (scritto in cirillico), album live osteggiato dalla critica sia per la scelta dei brani (pochi “classici”, si disse) che per l'esecuzione pianistica (puristi dell'esecuzione all'attacco).

In “A matter of trust – The Bridge to Russia” vengono riabilitate “New York state of mind”, “Piano man” ed una decina di altre perle; rivede la luce “She loves you” (Lennon/McCartney), che va ad aggiungersi alla già stampata “Back in the U.S.S.R.”. La special edition commemorativa, fresca di stampa, è l'ultimo atto della Billy Joel Band (smembrata poco dopo), ma soprattutto l'occasione per rivedere e risentire il Pianista in parabola creativa ancora ascendente, ora che l'ultrasessantenne compositore (in buona forma) ancora incanta New York a ripetizione, ma resta chiuso nell'improduttività autoinflitta.

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