Commento

Il futuro incerto della Ssr 

15 giugno 2015
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Non era mai successo che il risultato di una votazione popolare fosse risicato come quello registrato ieri a proposito del canone radiotelevisivo. A conteggio ultimato solo 3’696 schede hanno diviso favorevoli e contrari alla revisione della legge. A pesare sono stati soprattutto i voti contrari dei Cantoni svizzero-tedeschi ai quali si è aggiunto il no ticinese, difficile da capire se si considera che a beneficiare della nuova forma di finanziamento dei mezzi di comunicazione audiovisivi sarà soprattutto la Rsi. Se nella Svizzera romanda e nei Grigioni il discorso a tutela delle minoranze (…) Segue a pagina 26 Segue dalla Prima (…) linguistiche e culturali ha fatto largamente breccia, la medesima cosa non è successa a sud delle Alpi. Sarebbe interessante analizzare le ragioni di un tale ostracismo che non si può spiegare unicamente sulla base di una presunta disaffezione del pubblico verso le nostre emittenti. La campagna che ha preceduto il voto alle nostre latitudini non è stata particolarmente intensa. Troppo poche, seppure qualificate, sono state le voci che si sono levate per sottolineare l’importanza del tema. A ciò si aggiunga la diffidenza diffusa tra i ticinesi verso le proposte che arrivano da Berna, soprattutto quando si va a toccare il portamonete di tutti. Eppure, nel caso specifico e dopo il voto di ieri, le economie domestiche beneficeranno di uno sconto. Non è poi neppure vero che il nuovo canone colpirà in modo indiscriminato le aziende (tre su quattro saranno esenti). I no sono stati tuttavia molti anche Oltralpe come avevano previsto i sondaggi i quali, ad un certo punto, avevano dato addirittura per spacciato il progetto. Non è un buon auspicio in vista del dibattito che si sta per aprire sul servizio pubblico (si attende un rapporto della Commissione dei media). Discussione di cui il voto di ieri ha rappresentato solo un preludio. Senza dimenticare che, nel 2017, scadrà la concessione federale alla Ssr. Se il risultato sul canone è rimasto in bilico fino all’ultimo, anche la consultazione sulla diagnosi preimpianto era data come incerta. Alla prova dei fatti, per contro, il sì al nuovo articolo costituzionale che apre le porte alla possibilità dell’esame sull’embrione prima che sia immesso nel corpo della donna, ha raccolto oltre il 60 per cento dei consensi. La partita è tuttavia solo rinviata. Il Partito evangelico ha confermato il lancio di un referendum contro la legge di applicazione già votata dal Parlamento. Il testo, contrariamente alle intenzioni iniziali del Consiglio federale, dà la possibilità a tutte le coppie che si affidano alla procreazione in vitro di far capo all’esame dell’embrione, e non solo a quelle che sono portatrici di gravi malattie ereditarie. L’obiettivo di questa apertura è quello di evitare problemi alla salute della mamma come al feto. I contrari vi intravedono per contro il rischio di derive eugenetiche e, prima ancora, di forme di discriminazione verso gli andicappati. Le organizzazioni del settore – comprese quelle che hanno sostenuto il nuovo articolo costituzionale – hanno già reso attenti a questo fatto commentando il voto. Sarà dunque un compito impegnativo quello che attende i fautori della legge chiamati a spiegare i reali contenuti di una riforma che vuole mettere al passo la Svizzera con la maggior parte degli altri Paesi europei ma che pone, nel contempo, delle restrizioni ben precise in materia di medicina riproduttiva. Senza storia, infine, la votazione sugli altri due temi : borse di studio e successioni. Ad imporsi è stata soprattutto, in entrambi i casi, la difesa delle autonomie cantonali.

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