Commento

I confini ai tempi di Schengen

(Samuel Golay)
22 settembre 2017
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È una storia davvero al... confine quella di Lisa Bosia Mirra. A ben vedere, in effetti, è lì al confine (o ai confini) dell’Europa che si consuma da tempo il dramma dei migranti. È alla linea di demarcazione a sud del nostro Paese che l’estate scorsa ci siamo accorti che il fenomeno dei flussi migratori riguarda anche noi. Ed è sempre alle frontiere di Schengen che è appeso pure il destino (giudiziario) della co-fondatrice di Firdaus (nonché deputata del Partito socialista). Può sembrare paradossale, ma se il verdetto del giudice della Pretura penale (Siro Quadri) seguirà la linea difensiva della 43enne (a favore del proscioglimento da tutte le accuse), Lisa Bosia Mirra dovrà essere grata all’accordo di Schengen e al suo inaspettato... ‘umanesimo’. Il legale della deputata non ha avuto esitazioni: Schengen distingue tra frontiere esterne e interne. Insomma, aver aiutato dei cittadini eritrei e siriani ad andare a nord, attraversando i valichi con l’Italia e la Germania «non configura i reati di entrata, rispettivamente partenza, illegali». Per suffragare questa tesi è stata presentata anche la perizia di una esperta dell’Università di Lucerna.

Del resto, mai come ieri in aula (quella del Tribunale penale federale; la Pretura era troppo angusta) si è capito che il confine fra legalità e illegalità quando c’è di mezzo uno slancio umanitario è sottile. La legge è legge, ha fatto capire in modo netto la procuratrice pubblica. E vale anche per persone come Lisa Bosia Mirra. Che ha funto da ‘staffetta’; che ha fatto da «regista» nei nove episodi contestati (e valsi un decreto e una condanna, confermati). Ergo, non è una questione di buone azioni. Qui per l’accusa non può esserci che una lettura giuridica dei fatti (peraltro non contestati dall’imputata). Non c’è spazio per altre valutazioni: «Questo non è un processo politico ma penale», si è scandito. Come dire che i casi umanitari sono altri («e non è quello che ci occupa»). La procuratrice è riuscita, in altre parole, a ribaltare la prospettiva. Lisa Bosia Mirra, ha rimproverato, non ha aiutato i migranti («Non è così che si fa»). Semmai li ha esposti a dei rischi, lasciandoli senza soldi, in un territorio sconosciuto e con delle difficoltà a farsi capire. Verrebbe da pensare che i passatori locali, e ancor più i trafficanti internazionali, sono un’altra cosa. Che è lì che bisogna concentrare gli sforzi per contrastare sfruttamento e violenze (le stesse di cui portavano i segni pure i migranti incrociati a Como). Ma, appunto, alla norma non si sfugge. E al rispetto della legalità non si deroga. ‘Dura lex, sed lex’, ha detto qualcuno. Alla Pretura penale ora (l’ardua) sentenza.

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