La gioventù dibatte

Ha ancora senso il Carnevale?

11 febbraio 2016
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“Ha ancora senso festeggiare il Carnevale”? Oggi, in una società che offre quasi quotidianamente occasioni per evadere dalla realtà e divertirsi come meglio si desidera, il Carnevale ha ancora motivo di esistere oppure ha perso ogni ragion d’essere? A questi interrogativi hanno cercato di rispondere gli allievi delle terze MA e MB della Scuola professionale per sportivi d’élite di Tenero. Guidati dal loro insegnante Sandro Vitali, i giovani hanno cercato le possibili argomentazioni a sostegno delle tesi “Pro” e “Contro”. Questo lavoro, svolto individualmente e a gruppi, si è poi trasformato in un vivace dibattito in classe.

FAVOREVOLI
1) Sì perché il Carnevale è una tradizione dal grande valore culturale

Il Carnevale ha tradizioni antichissime e con nobili valori simbolici: era sì una festa, ma anche un rituale di passaggio dall'anno vecchio all’anno nuovo, un rituale di purificazione che favoriva un periodo di benessere e felicità. All’interno di questo contesto anche la burla e lo scherzo avevano un ruolo importante: si poteva, ad esempio attraverso l’uso delle maschere, sovvertire ogni tipo di gerarchia sociale, invertendo così i ruoli imposti dalla società. Quindi, considerando le antiche e solide tradizioni, il Carnevale deve essere considerato un nostro patrimonio sociale e culturale e in un periodo in cui le tradizioni vanno vieppiù scomparendo, ha certamente senso continuare a festeggiarlo. Inoltre il Carnevale, soprattutto nei centri del cantone, permette di contribuire all’economia. Ad esempio a Bellinzona giungono anche dalla Svizzera tedesca numerose Guggen e migliaia di persone da tutto il Ticino e persino da oltre Gottardo. Quindi è un evento che favorisce il turismo perché alberghi e ristoranti lavorano di più in questo periodo.

2) Sì perché il Carnevale è un’opportunità unica per fare festa
Per molti il Carnevale è ancora oggi un’occasione unica e particolare per fare festa. Pensiamo a tutte le persone che si impegnano nella realizzazione di oggetti (ad esempio maschere e costumi), all’allestimento di carri allegorici per i cortei, appunto spesso ironici e scherzosi, ai bambini che lo attendono con impazienza per poter indossare i costumi e le maschere dei loro eroi preferiti e che difficilmente potrebbero indossare in altri momenti dell’anno. Alcuni di noi lavorano a contatto con i bambini nella preparazione del Carnevale e la gioia che traspare nei loro occhi, le emozioni che provano valgono, da sole, tutta la festa. Possiamo quindi affermare che del Carnevale, ancora oggi, esiste una parte (dominante) sana, con ideali positivi che va rafforzata e sostenuta. Concordiamo con i nostri avversari sul fatto che le degenerazioni, le violenze, gli atti irrispettosi e irresponsabili devono essere banditi dai Carnevali. Infine non va dimenticato che il Carnevale è una festa che unisce tutte le generazioni: bambini, adolescenti, adulti e anziani. Ha delle radici profonde, il Rabadan, ad esempio, è presente a Bellinzona dal 1843 ed è stato inserito tra le tradizioni viventi del patrimonio mondiale Unesco.

3) Sì perché il Carnevale deve continuare a vivere, malgrado gli eccessi di una minoranza
Sì, a Carnevale ogni scherzo vale! Evidentemente bisogna fissare dei limiti di decenza, di responsabilizzazione, morali, eventualmente delle regole. Se consideriamo l’altissimo numero di persone che frequentano i vari Carnevali ticinesi, la nostra esperienza ci porta a credere che la maggior parte delle persone questi limiti li conosce. Purtroppo a fare notizia sono quelle poche che trasgrediscono le regole. Deve essere chiaro che se a Carnevale alcune persone bevono in maniera eccessiva, se si commettono atti vandalici e violenze, non è colpa del Carnevale. Bisogna intervenire con la prevenzione e la sensibilizzazione (come facciamo noi alla Spse con la realizzazione dei nostri spot) rivolte da una parte ai giovani, soprattutto i minorenni, dall’altra alle famiglie, ai genitori che dovrebbero essere maggiormente responsabilizzati per le azioni compiute dai propri figli.


CONTRARI
1) No perché il Carnevale è diventato un grande
business
Il senso del Carnevale, così come era stato concepito fin dalle origini, è stato totalmente stravolto. Il suo vero senso di festa, di rituale e di sovvertimento codificato e limitato nel tempo delle regole sociali non esiste più, sostituito dalla predominanza di palesi interessi economici, di business. Viviamo in una società in cui esistono svariate e frequenti occasioni per festeggiare (sembrerebbe che oggi ogni pretesto sia buono per allestire festeggiamenti) e per fare scherzi di ogni sorta. Il Carnevale è una fra le tante ma, svuotato del suo autentico significato, appare oggi inutile.

2) No perché il Carnevale oggi è una festa di eccessi e di violenza
Che cosa è oggi il Carnevale se non un’occasione, una sorta di licenza per potersi ubriacare e scaricare le proprie frustrazioni, spesso (come poi raccontano le cronache) condite da atti vandalici e violenze fisiche (e tra i vari bollettini di guerra, alcuni anni fa c’è scappato pure un morto). Il sano scherzo, la burla, la satira pungente ma non offensiva e denigratoria hanno vieppiù ceduto il passo all’arroganza, all’insulto, al vandalismo, alla violenza. Dunque, se da una parte esiste ancora una parte sana e nobile del Carnevale (che evidentemente va sostenuta e promossa), dall’altra gli eccessi e le violenze vanno bandite. Se non si dovesse raggiungere questo obiettivo il Carnevale andrebbe totalmente ripensato. Il Carnevale genera un’incredibile quantità di sporcizia (bicchieri, lattine, bottiglie, mozziconi di sigarette) che insozza le vie della città e provoca costi notevoli per ristabilire la pulizia. Anche gli atti di teppismo e di vandalismo (sui mezzi pubblici, alle vetrine dei negozi, alle scritte sugli edifici pubblici e privati) creano costi sociali rilevanti e mettono in discussione il senso profondo di questa festa e non siamo i soli a sostenere che ormai questa festa abbia fatto il suo tempo.

3) No al Carnevale perché oggi ci si può divertire tutto l’anno
Un tempo il Carnevale aveva una sua ragione di esistere, era un periodo in cui ci si liberava delle rigide regole sociali per dar sfogo al divertimento personale e collettivo. Oggi, nella nostra società, le occasioni di divertimento sono pressoché quotidiane e viene a cadere l’antico senso di questa festa. Recentemente un’interrogazione parlamentare puntava il dito sul crescente numero di ricoveri di minorenni per coma etilico durante i fine settimana. Lo “sballo” dei fine settimana, per 52 settimane l’anno, ci ricorda tristemente che il Carnevale non è che un’appendice (percentualmente le statistiche ci dicono che a Carnevale non si registrano più ricoveri che nei fine settimana del resto dell’anno) di un malessere sociale esteso e profondo tra i nostri giovani che non andrebbe alimentato attraverso il marketing, ma curato attraverso la sensibilizzazione e la prevenzione. In questo senso concordiamo con i nostri avversari sul fatto che la sensibilizzazione deve essere rivolta sia ai giovani, ma anche alle famiglie. Tuttavia se anche queste azioni di prevenzione falliscono (in particolare rispetto al consumo di alcol e al vandalismo), il Carnevale, così come concepito oggi, va assolutamente rivisto.

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