Commento

‘Grazcha fich’, St. Moritz

20 febbraio 2017
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Alzi la mano chi, alla vigilia dei Mondiali di sci alpino di St. Moritz, avrebbe mai pensato di vedere la Svizzera chiudere la manifestazione con ben sette medaglie, di cui tre d’oro. Pochi, ne siamo sicuri. E ora la alzi chi lo avrebbe immaginato dopo l’infortunio che il venerdì della prima settimana di gara ha messo fuori gioco Lara Gut. Ancora di meno, se non nessuno. D’altronde la ticinese era la punta di diamante di una selezione rossocrociata che si era presentata al via di un Campionato del mondo che in Svizzera mancava dal 2003 (sempre a St. Moritz) con alcune certezze – la 25enne di Comano appunto, protagonista dell’inverno con nove podi e il secondo posto in Coppa del mondo; la regolarissima Wendy Holdener, tra le migliori tre in sei slalom su sette in Cdm; il sempreverde Beat Feuz, tornato in forma proprio in vista della rassegna iridata – ma anche tante incognite, legate soprattutto alla giovane età di coloro che sarebbero stati chiamati a cercare l'exploit per non rimanere semplici comparse a fianco dei protagonisti. Ecco perché nel momento in cui il ginocchio della ticinese ha fatto crack, in molti (noi compresi) hanno pensato che la festa fosse finita ancor prima di realmente cominciare. Due gare veloci (quelle in cui eravamo, sulla carta, messi meglio) erano infatti già alle spalle, ma nel carniere elvetico era presente solo un bronzo della stessa Gut. Una medaglia che, se inizialmente è potuta sembrare (soprattutto agli occhi di Lara) poca roba, ha di colpo acquisito un valore ben più grande alla luce di quanto poi capitatole. E chissà che proprio l’improvvisa assenza della capofila, non abbia spronato gli altri a caricarsi sulle spalle maggiore responsabilità e a dare quel qualcosa in più che nello sport spesso e volentieri fa la differenza. Nel momento in cui la squadra ha perso il proprio leader, chi doveva confermarsi (Holdener e Feuz appunto) lo ha fatto recitando alla grande la sua parte (oro in slalom e argento in combinata la svittese, campione del mondo nella disciplina regina il bernese), mentre chi era destinato a un ruolo marginale, ha deciso di riscrivere il copione prendendosi la scena. Come Luca Aerni (23 anni, oro in combinata), Mauro Caviezel (28, bronzo nella stessa gara) e Michelle Gisin (23, argento pure lei nella combinata al femminile), che hanno contribuito a fare della spedizione rossocrociata in Engadina la più prolifica dai tempi di Vail 1989 (11) e Crans-Montana 1987 (14 medaglie). Hanno vinto loro, gli svizzeri e in generale tutti gli atleti, che sulle piste Engiadina e Corviglia hanno offerto un grande spettacolo. Ma hanno vinto anche gli organizzatori, capaci di incastrare a meraviglia tutti i pezzi – a parte un grande ma fortunatamente senza conseguenze spavento con la telecamera aerea “abbattuta” da un velivolo durante un’esibizione – di un complicatissimo puzzle che grazie a una preparazione minuziosa e al grande sforzo di tutti (compresi i circa 1’350 volontari), ha reso le due settimane di gare in Engadina davvero magiche ed emozionanti. Grazie mille, anzi “Grazcha fich”, St. Moritz...

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