Commento

Fra sicurezza e libertà

(©Ti-Press / Carlo Reguzzi)
27 maggio 2017
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“A Lugano non verranno più ospiti internazionali”. Nel post Bello Figo i social network sono stati la valvola di sfogo di paure irrazionali al limite della fantascienza, se non oltre. E fin qui, nulla di nuovo all’orizzonte. Tuttavia, l’ampio sdegno che ha accompagnato la decisione di annullare la serata del rapper di origini ghanesi – che avrebbe dovuto esibirsi due settimane fa alla discoteca Wknd –, qualche elemento nuovo di riflessione ce lo porta. Odioso e offensivo o brillante e ironico a seconda della parrocchia che si frequenta, il 24enne di Parma ha attirato l’attenzione grazie a testi discutibili e che fanno discutere. Una chiara volontà di creare polemica, di far parlare di sé dirà qualcuno, ma non un atto che potesse in qualche modo mettere a rischio la sicurezza del pubblico che avrebbe partecipato alla serata incriminata. Eppure – in seguito alle minacce di un paio di giovani con simpatie neonaziste –, proprio per garantire questa sicurezza la serata è stata annullata. La discoteca avrebbe dovuto sobbarcarsi costi troppo elevati per scongiurare la possibilità di un pericolo che non aveva causato. Il Wknd si è trovato così sotto una pressione finanziaria quindi, che unita a quella morale, ha fatto prendere la tanto discussa decisione di non tenere l’evento previsto. Come mai un epilogo che sembrava l’unico ragionevolmente possibile – in un contesto in cui non si poteva presumere che dietro ai minacciosi volantini non vi fosse un nutrito e agguerrito gruppo di skinhead –, ha scatenato un malcontento così elevato? Cosa si cela dietro i commenti anche pesanti su Facebook, gli atti – in Consiglio comunale e Gran Consiglio – stesi con grande rapidità? La questione a nostro modo di vedere ha due importanti risvolti, uno socioculturale e un altro prettamente politico.

C’è in primo luogo un forte desiderio di preservare l’espressione artistica, di qualsiasi segno essa sia. Non è la volontà di stare dalla parte di Bello Figo, inutile girarci attorno: la stragrande maggioranza di noi non sapeva neanche chi fosse. È ciò che rappresenta – seppur male se non addirittura abusivamente, per molti – che si desidera tutelare, ossia la sua libertà artistica. Questa non può e non deve coincidere in alcun modo con la libertà d’espressione di cui ciascuno di noi deve godere. L’arte per sua stessa natura deve provocare, ha l’obbligo di farci riflettere, di scuotere le coscienze e anche di scandalizzarci. Un’espressione artistica che lascia indifferenti non può dirsi compiuta perché non contribuisce all’evoluzione della società. E proprio qui entra in gioco il valore politico dell’affaire Bello Figo. Che la sicurezza sia tra le massime priorità dell’autorità è sacrosanto, ma che Polizia comunale e cantonale non siano riuscite a garantire il regolare svolgimento della serata deve far riflettere. Lugano è ormai una grande città, la nona in Svizzera, che si è dotata recentemente di un polo culturale di valore. Il Lac, come d’altronde una delle numerose manifestazioni culturali – pubbliche o private che siano – che hanno luogo in riva al Ceresio, potrebbe in futuro porre lo stesso problema palesatosi poche settimane fa. Come reagirebbero in tal caso le forze dell’ordine?

Se la libertà artistica, perlomeno nel mondo delle discoteche luganesi, non sembrerebbe essere messa in discussione (cfr. l’articolo a pagina 13) – e già questa è una buona notizia –, qualche interrogativo in più lo pone l’operato di chi deve non solo garantire l’incolumità della popolazione ma anche il pieno funzionamento di una società democratica, basata sul rispetto della diversità.

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