Commento

Elvezia e il gigante

16 gennaio 2017
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Eccoci nel pieno della visita di Stato superblindata del presidente cinese Xi Jinping oggi a colloquio con i consiglieri federali e, da domani – è una prima – ospite al Forum economico mondiale di Davos. Prima del suo arrivo, la stampa ha ricordato la precedente visita ufficiale del presidente cinese Jiang Zemin nel 1999, quando, poco ci mancò, che finisse con la rottura delle relazioni fra Cina e Svizzera. Questo a causa dell’incapacità di Berna di evitare – proprio mentre accoglieva l’ospite sulla Piazza federale – che fosse raggiunto da fischi e urla di manifestanti saliti sui tetti degli immobili circostanti. Non fosse bastato ciò, anche alcune parole pronunciate in un momento ufficiale (la cena) dalla allora presidente della Confederazione Ruth Dreifuss a favore dei diritti umani, andarono talmente di traverso a Zemin, che solo un ‘magico’ intervento di Adolf Ogi (che gli offrì un cristallo), evitò il peggio. A causa di quei momenti molto imbarazzanti è chiaro che oggi tutto debba andare liscio come l’olio. Il presidente cinese è e resta una personalità fra le più corteggiate al mondo, visti i grossi interessi che può muovere. Inoltre, di questi tempi, dopo le affermazioni pro chiusura e marcatamente protezionistiche di Trump, potrebbe risultare ancor più interessante sul fronte del libero scambio. Per questo, alla luce degli strategici rapporti economici fra Svizzera e Cina, anche il nostro Paese sta facendo di tutto per tenerselo buono. Ha quindi deciso di accoglierlo in una Berna blindata, nella quale: uno, il diritto di manifestare per la questione tibetana è stato limitato (accordato, ma lontano dall’ospite e guai se in sua presenza dovesse manifestarsi qualche dissenso); due, non sono previsti contatti con la popolazione, né momenti di scambio libero con la stampa; tre, pare che una petizione al suo indirizzo, accompagnata da una raccolta di firme, gli verrà consegnata via canali diplomatici. La regia è di quelle controllatissime. E fa storcere il naso a chi ha a cuore il rispetto dei diritti fondamentali dell’Uomo, vista la storia di abusi e violazioni di tanti diritti fondamentali continuata nella Cina delle libertà economiche. D’altra parte c’è chi molto pragmaticamente afferma che senza interessi (strategici per un Paese e di bottega per aziende e privati) alla base dei nostri rapporti bilaterali, non ci sarebbe neppure l’opportunità di sensibilizzare sui diritti umani. Che cosa dirà dunque oggi il nostro governo a Xi Jinping? È comprensibile che a prevalere siano i rapporti di interesse, ma quali sono i limiti nel fare affari? I limiti di uno Stato democratico come la Svizzera, anche depositario delle convenzioni internazionali? La questione, lo si voglia o no, resta il convitato di pietra. Non vorremmo che, ricordando i brividi di 18 anni fa e visto il maxi-mercato cinese, quanto a diritti umani l’amnesia di Leuthard e Co. sia totale. Dietro sorrisi e strette di mano fra il gigante giallo e la piccola Elvezia ci sono interessi miliardari. Ma anche minoranze e cittadini imbavagliati e perseguitati.

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