laR 25 anni

E qui comando io

'Voglio vedere le mani'...
16 settembre 2017
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Nel 1992, al numero uno delle classifiche di mezzo mondo – Svizzera inclusa – c’era un brano che durava sei minuti. L’oggi defunto George Michael cantava insieme a Elton John (vivente) una canzone di quest’ultimo dal titolo “Don’t let the sun go down on me”. Anche il titolo era lungo. Non bastasse, al numero tre della Bilboard c’era “November rain” dei Guns N’ Roses, che di minuti ne durava quasi nove. Un’eternità, paragonati ai tempi imposti alle canzoni dalle radio moderne, tre minuti e mezzo dopo i quali l’ascoltatore, così dicono gli studi, si annoia (non si citano, in verità, i casi di canzoni per le quali ci si annoia dopo i primi 20 secondi).

Si può fare di tutto, in sei minuti. Aprire un conto corrente, fondare un partito, scaricare la discografia dei Beatles, sposarsi (a Las Vegas potrebbero servirne pure di meno). E forse non è colpa dei dj se oggi le canzoni devono durare tre minuti. L’unica colpa dei dj è quando dicono “Ciao, stasera suono”. Il dj che "suona" è come un tizio che si passa il filo interdentale tra i molari e dice alla moglie "scusami cara, sto operando". Nel 2017, tutte le categorie professionali dovrebbero avere il proprio verbo. La lavandaia lava, il panettiere panifica, il musicista suona e il dj… diggea (quanto all’azione del “mettere i dischi”, l’Accademia della Crusca non segnala attualmente altra terminologia diversa da “mettere i dischi”).

Joe Jackson, genio britannico del pop di qualità, già nel 1982 gridava “Sono stanco di questi dj, perché si fa sempre come dicono loro?”. In “A slow song” (dal capolavoro “Night and Day”), l’artista si diceva “brutalizzato dai bassi e terrorizzato dagli alti” (intesi come toni dell’apparecchio stereo, e non come tipologie di statura). “Dicono che la musica abbia fascino – aggiungeva – ma nelle mani di qualcuno diventa una bestia selvaggia”. La musica è cambiata, dal 1992. Oggi, alla radio, “Tunnel of love” dei Dire Straits non si ascolta più per intero. Niente assolo di Mark Knopfler, non c’è tempo. Oggi abbiamo tre minuti, nei quali farci stare amore, rabbia, piacere, disgusto, ironia, ricordi, rivoluzione. Solo tre minuti. Possibilmente senza annoiare.

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