Commento

Due cenette di troppo

(Carlo Reguzzi)
18 settembre 2017
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Durante il fine settimana siamo rimasti letteralmente di stucco: abbiamo sentito un presidente di partito, politico e parlamentare navigato, ammettere che una fattura di 150 franchi per due cene (da lui consumate con la compagna che si occupa per il Cantone di rifugiati) è stata effettivamente pagata da una ditta privata, che si occupa pure lei di rifugiati. Si ricorderà, per inciso, che quella ditta (Argo 1) ha beneficiato qualche tempo prima di un mandato diretto da parte del Cantone, mandato poi proseguito (in violazione delle leggi) senza pubblico concorso per diversi anni. Ebbene, a lasciarci allibiti è il fatto che il politico, con la cena offerta in quel di Bormio, non si accorga che la questione è grave. E a più livelli. Gli rinfreschiamo quindi la memoria.

Esiste, a nostro modesto parere, innanzitutto un problema politico, perché quel tale che ha beneficiato, al secolo Dadò Fiorenzo, è un deputato (e al momento della cena era pure capogruppo in parlamento) e quindi politico di spicco, che rappresenta uno dei poteri dello Stato, quello legislativo, chiamato, se del caso, anche a indagare su simili fattispecie. Un ‘problema’ doppiamente politico, visto che a dare a suo tempo il mandato diretto ad Argo 1 è stato il consigliere di Stato del medesimo partito, finito nelle sabbie mobili della polemica per non aver avvertito i colleghi di governo del mandato diretto milionario, quando questo si è tranquillamente protratto per anni.

C’è poi, sempre a nostro modesto parere, un problema amministrativo, perché speriamo che in questo Paese i cittadini osino ancora indignarsi se ai funzionari vengono riservati soggiorni e offerte cene. I funzionari sono chiamati a fare l’interesse generale, a spendere nel miglior modo possibile i denari che noi affidiamo loro pagando le tasse, non ad accettare regalie da parte di persone che hanno interesse a farle. Ad Argo 1 non verrebbe mai in mente di offrire nemmeno un caffè al comune cittadino che in questo momento sta leggendo questo commento, mentre alla funzionaria che si occupa di rifugiati e al di lei compagno, il signor Dadò (capogruppo Ppd della stessa squadra di Beltramimelli), sì.

Non c’è bisogno di spiegarne il perché: i lettori e gli elettori tanto tonti non sono. Lo hanno già capito benissimo ancor prima di aver visto/sentito l’arrampicata sui vetri di Dadò e del suo vice (debolissimo) Marco Passalia che ci rideva quasi su declassando il caso. Ma per favore… lasciate stare i campanili da rimettere al centro del villaggio. Al centro del villaggio ci sta un sacrosanto principio: queste triangolazioni da ‘agenzia viaggi’ con cenette non devono esistere. Punto.

Poi ci si chiede come mai la politica abbia perso credibilità e come mai certa politica (leghista in particolare) abbia gioco facile nel tiro al piccione. Perché si trova servite su di un piatto d’argento simili arrampicate. Se Dadò deciderà di rimanere al suo posto, dovrà mettere in conto che questa vicenda lo ha trasformato in un’anatra zoppa. D’ora innanzi impossibile per lui fare una polemica. Ogni volta gli sarà ricordato il caso della cena offerta (lo ripetiamo) da uno che aveva comunque interesse a ingraziarsi una certa cordata politica/amministrativa. Glielo potrà abbastanza agilmente ricordare persino quel Caverzasio che ha appena lasciato il Cda dell’Eoc, mantenendo stretta la carica di capogruppo, per evitare che lo chiamassero a chiarire maggiormente la sua posizione. Il che è tutto dire.

Concludendo: il problema lo ripetiamo è di credibilità delle istituzioni. Quindi parlamento e governo dicano finalmente ai cittadini se un simile andazzo è tollerabile nell’amministrazione. Basta cincischiare! E la procura spieghi perché per la funzionaria non c’è un reato penale.

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