L'analisi

Donald Trump delude i suoi fan

26 maggio 2017
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Donald Trump delude i “trumpiani”. Che fanno sempre più fatica a riconoscere il loro eroe, alla sua prima uscita sulla scena internazionale. Il più islamofobico dei candidati, che da presidente debutta in Arabia Saudita, riempiendola di armi per oltre cento miliardi di dollari (che alla fine diventeranno più di trecento).

Certo, un ottimo affare per l’industria militare americana, ma anche una discutibile, pericolosa scelta di campo: in favore dei sauditi, noti per essere stati i più solerti sostenitori e finanziatori del fondamentalismo che ha fatto da incubatrice al fenomeno jihadista; e dichiaratamente ostile all’Iran che vota per l’apertura all’Occidente, e che sul terreno siriano sacrifica i suoi “martiri” nella guerra allo Stato islamico. Nulla che possa piacere a Vladimir Putin (l’altro leader mondiale tanto stimato dagli anti-sistema occidentali), che contro ogni previsione si ritrova con un interlocutore inaffidabile, avvelenatosi con le sue stesse mani da uno scandalo, il “Russiagate”, foriero di molti guai.

Né le cose vanno meglio sul fronte del proclamato riformismo sociale, che gli illusi elettori di Trump (classe operaia, classe media impoverita) davano per certo da parte di un’amministrazione infarcita di miliardari che sono grandi esponenti dell’establishment violentemente denunciato in campagna elettorale, e che rappresentano un padronato pieno di squali, sicuri, loro sì, di poter contare su massicce riduzioni di imposte. Così, per ora, l’unica misura concreta è la cancellazione dell’Obamacare, con una proposta che entro la fine del decennio rischia di lasciare senza assicurazione medica ventidue milioni di americani. Aggiungiamoci i licenziamenti annunciati da Ford, che tutti davano sottomessa al ricatto di The Donald. E si potrebbero aggiungere la paralisi nella costruzione del “muro” anti-immigrazione per bloccare i messicani “ladri e stupratori”; oppure, tornando all’“amico” Putin, le dichiarazioni ufficiali che condannano non solo l’annessione russa della Crimea, ma addirittura gli interventi del Cremlino in Georgia e Ossezia.

Per non parlare del voltafaccia su Assad, il sanguinario dittatore di Damasco, prima promosso come l’indispensabile baluardo contro il terrorismo islamico e poi bombardato per l’uso presunto di armi chimiche, e diventato “principale ostacolo” a qualsiasi progetto pacificatore.

Il nordcoreano Kim Jong-un e la sua minaccia nucleare? “Sarei onorato di incontrarlo”, dice il capo della Casa Bianca dopo aver prospettato il primo bombardamento statunitense dopo la lontana guerra fra le due Coree. La concorrenza sleale della Cina? Si è ancora in attesa delle contromisure che devono punirla per l’invasione delle sue esportazioni: l’esitazione del tycoon non dipenderà anche dal fatto che Pechino è gran creditore dei titoli di stato americani?

E gli accordi di Parigi sul clima, da cancellare? Sembra che anche papa Francesco, insieme a qualche avveduto consigliere, abbia insinuato il dubbio nel presidente: per soddisfare la lobby del carbone ci vorranno diversi anni, mentre anche dal mondo produttivo si alza la voce di chi sa bene che il motore del futuro sarà la green-economy.

E si potrebbe continuare. Certo, rimane l’annullamento dei trattati commerciali internazionali (che già erano nel mirino dei democratici nonché sepolti in Europa), e restano le mani libere lasciate a Israele anche in fatto di nuovi insediamenti. Una coerenza che sembra il miglior viatico per un altro disastro.

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