Commento

Diamogli fiducia

2 gennaio 2017
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Roger Federer torna sulla ribalta del tennis, la dimensione che gli appartiene, più di quanto possa appartenere ai suoi illustri colleghi. Oggi, per lui, c’è la Hopman Cup, il cui esito francamente interessa poco. Da un posto bisognava pur ricominciare, e lui ha scelto una competizione che lo riporta indietro nel tempo, in un luogo in cui ebbe inizio la storia d’amore con la moglie Mirka. Perth è il presente, ma è solo l’inizio. Inutile farsi illusioni: solo il “domani”, un futuro prossimo ricco di incognite, dirà se e quanto i propositi di rientro in grande stile di Federer troveranno il conforto della realtà.
Una realtà dalla quale manca (per scelta) da qualche mese, e che cerca di rifare propria dopo essersi rimesso a nuovo, e in discussione. Come se avesse ancora qualcosa da dimostrare.
Beh, in fondo, qualcosa ancora c’è: si tratta di ribadire a tutti, in primis a se stesso, che è ancora in grado di lottare per il vertice, per le posizioni di testa di una disciplina che ha condotto per anni, cambiato, rilanciato.
La passione è la molla, la voglia di tornare a vincere è la miccia, la consapevolezza di poterci ancora riuscire è il propellente, oltre che il segno distintivo del fuoriclasse che non si arrende di fronte a qualche amarezza di troppo, ai segnali di un fisico che qualche capriccio ha cominciato a farlo (dopo averlo risparmiato per tre lustri ai massimi livelli), o all’appagamento che potrebbe andare di pari passo con il calo di motivazione, che invece è ancora a mille.
E allora, perché non provarci davvero, forti di uno spirito senza eguali? Lo è anche il suo tennis, del resto. Non resta che farci stupire, contagiati dal suo ottimismo, che facciamo nostro. Lo facciamo capace di tornare a vincere, convinti che il motivo che lo induce a continuare sia più valido delle mille ragioni che avrebbe di dire basta.

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