L'analisi

Debito: mancanza di logica politica

3 settembre 2015
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Più che il debito, nel Ticino, impressiona la mancanza di logica. Una prima grossa mancanza di logica sta, assurdamente, nella concordanza sull’unico rimedio possibile che si sostiene, di per sé logico: senza crescita non se ne viene fuori. Dove e come? Qui colpiscono alcuni ritorni che sanno di resurrezioni postbelliche (piano Marshall con l’incognita del finanziatore: lo Stato indebitato?), si ripescano vecchi cimeli di mezzo secolo fa, suscitatori di traffici (le aperture a nord delle valli, i trafori: Sassello, finestra di Bedretto, forse arriveranno anche Formazza-Passo San Giacomo, Lumino-Chiavenna, Muggio-Erbonne, idrovia Locarno-Venezia), si ritorna alla riscoperta della montagna abbandonata e defraudata, si insiste su due espressioni diventate ormai dei mantra (maggior valore aggiunto, produttività più elevata). Colpisce in ogni modo, con la mancanza di progettualità innovativa, il ricorso forzato ad una mano che il pensiero unico voleva sepolta, quella dello Stato regolatore e salvatore. Il discorso va però oltre. Quale crescita, anche solo quantitativa, avremmo bisogno per risollevare e sdebitare il Ticino? Due, tre per cento? Fatti e previsioni ci dicono che continueremo a girovagare attorno alla zerovirgolaqualcosa: un contesto di sostanziale stallo, quindi. Che non è solo locale-regionale; è piuttosto la condivisione globale di una fase stagnante dell’economia che viene da anni addietro. Non è solo questione di franco forte. Gli ultimi dati nazionali lo confermano. Ed è quindi più grave. La mancata crescita porta inevitabilmente ad una crescente economia fondata sul debito. Anzi, se si pretende crescita per tirarsene fuori, il debito (per paradossale che possa sembrare ai politici) continua ad essere il presupposto stesso di una possibile crescita… che possa appunto in seguito aiutare a ridurre il debito. È il cane che si morde la coda. Palese è la mancanza di logica poli- tica. Primo, perché si è contratto e si continua a contrarre un debito in quanto vogliamo crescere e, se non c’è crescita, la trappola del debito si estende nonostante le alchimie di tagli applicate o prospettate. Secondo, perché non è tanto la quantità o la riduzione ad ogni costo del debito che deve importare, quanto piuttosto la sua qualità: quanto quel debito riesce a produrre, con verifiche serie e continue; quanto deve produrre, con destinazioni mirate (non solo quantitative, non solo sul breve termine) per far crescere non solo l’economia ma l’intera società. Chi cerca questa logica nei documenti politici o partitici ticinesi difficilmente la trova. È debolezza di quest’impostazione generale che ci sforna trovate che nuotano tra l’assurdo e il tragicomico. Il sindaco di Vernate vuol indurre allo sciopero generale i sindaci dei vari Comuni. Non è ridicolo. Ha semplicemente colto un’illogicità politica che si traduce in presa in giro liberista: per ridurre un debito lo accolli ai Comuni; togli loro più di 11 milioni in un settore delicatissimo per tutta la società (scuole elementari e dell’infanzia); dai in cambio ai Comuni maggiori competenze per stabilire il numero di sezioni levando loro l’ossigeno di diecimila franchi per sezione. La logica e il giusto uso del debito pretendevano che prioritaria fosse la Scuola, non un pasticcio contabile o un’ossessione di bilancio.

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