Luganese

Dalle prigioni del Venezuela

11 ottobre 2017
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Può dire e non dire, ora si apre, ora preferisce mantenere riserbo, rinviando a una prossima conferenza stampa «per spiegare cosa è successo esattamente, perché ci sono stati anche fraintendimenti negli articoli usciti finora». Lo raggiungiamo sul suo telefonino a Madrid, in uno scalo del volo che lo sta riportando a casa. A tre giorni dalla sua liberazione dopo l’arresto in Venezuela, nella prigione di Tocoron, nello Stato di Aragua, unitamente a due colleghi, Filippo Rossi, 27 anni, giornalista freelance risponde alla prima e più importante domanda: «Sì, grazie, sto bene. Stiamo rientrando».

Il resto segue, ma in modo centellinato, come se la libertà non fosse stata ancora conquistata del tutto. La seconda notizia riguarda il servizio giornalistico che Rossi, con il reporter italiano Roberto Di Matteo e il venezuelano Jesus Medina, è costato parecchio in termini di sicurezza personale: il materiale per il reportage è salvo. «Questo rappresenta per noi una grandissima soddisfazione, la nostra ricompensa. Anche se ci è dispiaciuto di non aver potuto finire il lavoro. Ora ci impegneremo per mandarlo in onda. Vedremo chi sarà interessato a comprarlo, si tratterà di studiare quale linea dare al reportage».

Il giornalista spiega che sarà un servizio declinato sia per la stampa scritta sia video sia per le radio. Tornerete in Venezuela per girare altre immagini? «No. Diciamo che per un po’ è meglio che in quella zona non ci facciamo più vedere». Ma sono i detenuti che gestiscono la prigione di Tocoron ad avervi procurato i guai dell’arresto? Filippo Rossi fa una pausa, poi si limita a dire: «Non posso ancora rilasciare dettagli».

Sembra che nella prigione di Caracas solo il perimetro del penitenziario sia controllato dalla polizia, mentre l’interno sarebbe gestito da detenuti e costellato di crimini. Anche i suoi colleghi stanno bene? «Sì, Di Matteo è qui con me. Mentre Medina è rimasto in Venezuela, e temiamo per la sua incolumità. È stato scarcerato in parte grazie a noi. Lui fa parte della testata antigovernativa venezuelana, Donald Today, accusata della guerra economica in atto». Filippo Rossi non si autorizza a parlare dei contenuti del reportage realizzato a Caracas, ma assicura: «È una storia incredibile». Il tema sono le condizioni carcerarie nella capitale venezuelana? «Non solo. E anche il luogo scelto non è casuale. Si capirà, a reportage concluso, il perché. Adesso si dirà, questi folli sono andati a mettersi nei guai, ma poi si chiarirà il motivo di questo luogo. Abbiamo lavorato tre mesi, con minuzia, a questa inchiesta giornalistica. Bisogna fare molta attenzione». Intanto, al suo domicilio di Comano, Rossi ci arriverà oggi.

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