Commento

Contrastare e… esercitare il potere

14 aprile 2016
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Chi governa in una società come la nostra tende un orecchio alla cittadinanza (o alla ‘gente’) che va lisciata perché con il voto può spodestarti, e l’altro orecchio al potere economico che, se ci si mette, può rovinarti. Capitano così anche le inversioni di marcia. Arrivi al potere, magari sull’onda di un partito che va per la maggiore perché critico nei confronti di ciò che ritiene cedimenti della classe politica dirigente, e lo eserciti rimangiandoti quanto proclamavi poco prima. Nell’ultimo decennio ha scompigliato le carte un potere esterno, inimmaginabile per il solo fatto che metteva in dubbio la sovranità o rovinava pilastri ritenuti costitutivi della identità nazionale. Pensiamo a ciò che è successo in poco tempo a causa di forti e non eludibili pressioni esterne. Al segreto bancario, benché ritenuto intoccabile e indistruttibile; alla sacralità del fisco, inviolabile e non certo sottoponibile a scambi di informazioni tra Paesi; alle concorrenza e attrattività fiscali, prerogative cantonali, messe a soqquadro e ingabbiate da ultimatum di organismi internazionali; alla libera circolazione delle persone, sostanza e condizione di accordi per fruttuoso liberoscambio di beni e servizi, osteggiata dall’Udc e cancellata dal popolo, rimasta da un lato continuo supplizio di Tantalo di tutta la governanza, la diplomazia e la politica elvetiche che non sanno come uscirne, d’altro lato ostinato pungolo del maggior partito che raccoglie fortune denunciando questo e altri ‘cedimenti’ del potere costituito. Da questo stato di cose discendono due considerazioni possibili. La prima è che un conto è contrastare il potere, facendo anche fortuna elettorale, un altro conto esercitarlo. Potremmo esemplificare. Il consigliere federale Ueli Maurer, illustre esponente dell’Udc, in perfetta armonia con il suo partito nel marzo del 2009 fu l’unico ad opporsi alla proposta del collega e suo predecessore, Hans-Rudolf Merz, di sopprimere la distinzione tra evasione e frode fiscale che apriva la strada allo scambio automatico di informazioni, percorsa dall’odiata Widmer-Schlumpf. Insediatosi ora a capo del Dipartimento finanze grazie al successo del suo partito, alla prima occasione, dinanzi al Consiglio degli Stati si giustifica e sostiene: “Non avremmo mai immaginato alcuni anni or sono che saremmo andati così lontano nel difendere lo scambio automatico di informazioni. Per noi, il segreto bancario era prioritario. Oggi dobbiamo affermare che, per una piazza finanziaria come la Svizzera, è imperativo dover rispettare gli standard internazionali”. È chiaro che, per salvare in qualche modo la faccia, di fronte a se stesso e al partito, devi trovare l’occasione di qualche intervista peregrina di retromarcia per lasciarti andare in dichiarazioni non tanto governativamente (perché mostri comunque di essere fuori tempo massimo), ma eticamente sciagurate e civilmente irresponsabili. E vedere un uomo di governo che si accoda ai peggiori non è un bel vedere. La seconda è che il suffragio universale stabilisce le forme della rappresentanza politica ed è fonte di legittimità legislativa (il popolo ha deciso), ma non è né il bene, né la verità in sé; insomma, il parere della maggioranza non è parametro né di verità, né di moralità. Forse qui la fuga per la tangente è che si conta sempre sulla prova del nove impossibile, che consisterebbe nell’applicare alla lettera l’articolo costituzionale adottato e accettarne tutte le conseguenze (ed è proprio per questo che il potere economico entra in gioco e quello politico si dispera a cercare le retromarce).

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