Calcio

Beer Sheva, città 'calda' nonostante l'apparente indifferenza

(Gabriele Putzu)
14 settembre 2017
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Mancano poco meno di tre ore all'esordio del Lugano in Europa League. Per la squadra di Pier Tami la giornata è trascorsa nel riposo (era importante recuperare dal lungo viaggio dal Ticino a Beer Sheva) e nella preparazione tattica allestita dal mister. Tra un'ora o poco più la squadra prenderà il pullman per raggiungere il Turner Stadium, dove alle 22.05 locali (le 21.05 ora svizzera) scenderà in campo. E ad attendere la compagine bianconera ci sarà il pubblico delle grandi occasioni, pronto ad allestire una coreografia spettacolare in stile “Welcome to Hell“ (benvenuti all'inferno), resa famosa dai tifosi del Galatasaray allo stadio Ali Sami Yen. In città, per il momento, non vi è segno alcuno dell'imminente confronto. Immersa nel  caldo del deserto del Negev (invero meno atroce di quanto temuto), Beer Sheva prosegue nel suo tran tran quotidiano di capitale israeliana della cybersicurezza, dove trovano posto aziende multinazionali, esercito, governo e dove sorge l'importante università del Negev, dedicata a uno dei padri della patria, David Ben Gurion. A vederla, invero, non lo si direbbe, ma Beer Sheva è una città moderna (fondata dopo l'indipendenza del 1948 da immigrati degli stati arabi) con il tasso di crescita più alto del Paese, grazie soprattutto al massiccio arrivo di immigrati etiopi e russi.

Nonostante il suo apparente disinteresse, la città dei sette pozzi non è indifferente al calcio. Anzi. Fondato appena un anno dopo la città, l'Hapoel è spesso rimasto nelle retrovie dei valori israeliani, ma dal 1974 ad oggi ha comunque conquistato quattro titoli, due dei quali nelle ultime due stagioni, ciò che gli ha permesso di prendere parte due volte ai preliminari di Champions League (lo scorso anno ha eliminato l'Olympiakos e sfiorato l'impresa con il Celtic). Di grandi nomi l'Hapoel non ne presenta, ma possiede nel nigeriano Anthony Nwakaeme una punta di assoluto valore, da molti definito il miglior giocatore di tutto Israele, di certo il cliente più difficile per la difesa bianconera.

Tra poche ore lo stadio si riempirà di 13'000 persone che rappresentano appena la punta dell'iceberg del potenziale della città. Infatti, i dirigenti dell'Hapoel hanno confermato al direttore generale bianconero Michele Campana, in occasione del tradizionale pranzo di benvenuto del giovedì, di essere pronti ad ampliare il Turner Stadium, al momento riservato in pratica ai soli abbonati.

Se la temperatura dell'aria non dovrebbe creare problemi ai bianconeri, altrettanto non si può dire di quella degli spalti. Anche questa, per un Lugano che vuole crescere, sarà una prova di maturità.

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