Estero

Attacco americano sulla Siria. Trump: 'Siria non rispetta convenzioni Onu'. Putin: 'Aggressione a Stato sovrano'

Il lancio avvenuto nel Mediterraneo
7 aprile 2017
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Una pioggia di 59 missili Tomahawk è stata scagliata nella notte sulla base aerea siriana di al-Shayrat, da cui sarebbe partito l'attacco chimico di Idlib. I razzi sono stati lanciati da navi Usa di stanza nel Mediterraneo.

La Siria ha ignorato gli avvertimenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha rilevato il presidente americano Donald Trump annunciando di aver ordinato l'attacco. Aggungendo: «Nessun bambino dovrebbe soffrire», riferendosi alle immagini di bimbi siriani colpiti dagli agenti chimici.

Gli Stati Uniti devono «prevenire la diffusione e l’uso delle armi chimiche», ha proseguito Trump in una dichiarazione di poco più di tre minuti. Dichiarazione in cui il dito era puntato contro il presidente della Siria Bashar al-Assad. Perché, ha aggiunto Trump, «non c’è dubbio che la Siria abbia usato armi chimiche» in dispregio alle risoluzioni dell'Onu.

Il bombardamento avrebbe provocato ingenti danni ma poche vittime, secondo le autorità locali. Intanto la Cnn rivela come nella base fossero presenti anche militari russi.

La reazione Russa, convocato il Consiglio di sicurezza dell'Onu

L’attacco americano «viola la legge internazionale. Washington ha compiuto un atto di aggressione contro uno Stato sovrano». È la reazione del presidente russo Vladimir Putin, citato dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.

«Questo passo di Washington arreca un danno notevole ai rapporti russo-americani, che si trovano già adesso in uno stato deplorevole – ha proseguito –. La cosa più importante secondo Putin è che questo passo non ci avvicina all’obiettivo finale della lotta contro il terrorismo internazionale e crea invece un ostacolo serio alla creazione di una coalizione internazionale per lottare contro di esso in modo efficace».

«La Russia prima di tutto chiederà una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questo può essere considerato come un atto di aggressione da parte degli Stati Uniti contro uno Stato dell’Onu», ha dichiarato dal canto suo Viktor Ozerov, presidente del comitato di Difesa e sicurezza del Consiglio federale (parlamento) russo.

Il Comitato di Difesa della Duma di Stato (la Camera bassa) russa afferma che l’attacco missilistico degli Stati Uniti contro la Siria potrebbe peggiorare i rapporti tra Mosca e Washington, nonché portare a un ampliamento dei conflitti armati in Medio Oriente. 

I russi erano stati avvertiti preventivamente dagli Stati Uniti dell'attacco attraverso la linea diretta tra Washington e Mosca voluta per evitare incidenti tra le due superpotenze.

Cambio di rotta

Con l'attacco alla base area siriana di al-Shayrat Trump evidenzia il suo cambiamento di politica verso Assad, che prima dell'attacco chimico a Idlib era stato 'graziato' dagli Stati Uniti. La sua destituzione non era più una priorità. Ieri invece la granaiola di Tomahawk.

Come ricorda l'Ansa, la prima azione militare direttamente ordinata dal tycoon, senza alcuna autorizzazione del Congresso, rappresenta una vera e propria svolta. Uno strappo con la strategia del suo predecessore alla Casa Bianca, Barack Obama, più volte descritto come un "guerriero riluttante".

Trump mostra invece i muscoli. E colpendo Assad non solo sfida la Russia di Vladimir Putin, ma manda un chiaro e potente messaggio anche alla Corea del Nord e alla Cina, quest’ultima accusata di non fare abbastanza per fermare le provocazioni del regime di Kim Jong-un. E l’ipotesi di raid aerei contro obiettivi del governo di Pyongyang e’ già sulla scrivania dello Studio ovale.

Si cala dunque nei panni dell’uomo forte Trump, e non ha timore di farlo mentre nella sua sontuosa dimora di Mar-a-Lago, in Florida, riceve il leader cinese Xi Jinping, a quanto pare informato in anticipo dell'attacco dallo stesso presidente americano. L’obiettivo colpito in Siria – dalle prime informazioni – è molto limitato. Ma quel che conta è far sapere al mondo che gli Usa sono pronti a intervenire militarmente con grande rapidità, e anche con brevissimo preavviso. Un metodo lontano anni luce – sottolinea il New York Times – dalla cautela usata da Obama prima di colpire qualunque tipo di bersaglio.

Certo, il presidente americano dovrà fare i conti ora con le reazioni: da Mosca innanzitutto, ma anche da Pechino. E dovrà fare i conti con in rischi elevatissimi di scatenare una guerra dalle conseguenze imprevedibili. Soprattutto se alla prova di forza di queste ore non seguirà un serio sforzo diplomatico per tentare di arrivare davvero ad una soluzione politica della crisi siriana, al Palazzo di vetro dell’Onu o altrove.

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