L'analisi

Angela candidata anti-Donald

21 novembre 2016
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Assicura un sondaggio che in Francia (dove il centrodestra ha affrontato ieri il primo test verso le presidenziali) non si registra un “effetto Trump”. Vai a crederci, dopo le figuracce della categoria dei moderni aruspici, vedi Brexit e Trump che entra alla Casa Bianca. Meglio stare ai fatti. E i fatti, per ora, ci descrivono un’Europa disorientata di fronte alla svolta statunitense, che al di qua dell’Atlantico rischia di aprire nuovi e profondi solchi in una Ue già abbondantemente divisa nel momento in cui avrebbe invece bisogno del massimo di coesione. L’imprevedibile (soprattutto nel senso di non previsto) 45esimo presidente degli Stati Uniti, sta preparando la sua “squadra”, naturalmente orientata a destra, e le prime scelte non sono certo tranquillizzanti, visto lo sdoganamento anche di razzisti, xenofobi, islamofobi, antisemiti, suprematisti bianchi, sostenitori degli ultra-conservatori del tea-party, e anche di un generale nominato consigliere per la sicurezza che sostiene di voler cancellare l’accordo sul nucleare con l’Iran (poi ci spiegherà come continuare la lotta allo Stato islamico senza il contributo militare e sul terreno dei pasdaran di Teheran e dei suoi alleati sciiti). E non c’è solo questo. C’è pure, nei dirigenti europei, la preoccupazione che “Il Donald” vari davvero quel protezionismo che ha predicato in campagna elettorale, ed è stato l’elemento chiave per convincere la classe media ed operaia effettivamente impoverita o esclusa dalla mondializzazione. Conseguenze: esportazioni più difficili verso un’America ancor più tutelata da dazi che già non mancano; ulteriore indebolimento politico dell’Europa nei confronti di Stati Uniti, Cina e Russia; nuove velleità degli Stati orientali “euroscettici”, più compiacenti verso Washington che non nei confronti della sfilacciata comunità europea. Aumenta dunque il pericolo di una crescente evanescenza continentale, mentre la nuova Casa Bianca non le farà sconti sul finanziamento della Nato (oggi al 63 per cento sulle spalle degli Stati Uniti). Sperare, sull’onda di queste solide preoccupazioni, in una reazione finalmente unitaria, concreta e progettuale è davvero difficile. I cosiddetti populismi europei – incoraggiati dal trionfo trumpista – non hanno certo i giorni contati. In un simile contesto, è certo apprezzabile che Angela Merkel – la meno intimorita dalle forze anti-sistema nel vecchio continente – abbia annunciato di volersi candidare per la quarta volta alla cancelleria, superando il suo “mentore” Helmut Kohl. Assediata dai sondaggi sfavorevoli, da una contestazione nazionalista, eurofobica ed anti-immigrazione che ha fatto presa anche nel suo partito, la Merkel conferma la sua coerenza, il suo coraggio, e la sua capacità tattica. Si tratta infatti di un annuncio che segue di poco la decisione della stessa Cdu di appoggiare la candidatura del socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier alla presidenza della Repubblica. L’Spd dovrebbe ricambiare nel 2017, sostenendo un’Angela Merkel che tenterà di battere il record del suo mentore Helmut Kohl. Insieme a quello francese per la scelta del nuovo presidente, il prossimo sarà un anno test. E la “scelta di Angela” (uno stile e una politica agli antipodi del “tycoon americano”) può essere considerata la prima risposta europea a Trump. Comunque vada a finire.

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